Università prestigiose per i meno abbienti: ecco l’esperimento di Bristol

L’Università di Bristol, una delle più prestigiose del Paese, ha lanciato una iniziativa (quasi) rivoluzionaria che potrebbe contrastare il tradizionale elitismo accademico. È stato infatti approvato un nuovo regolamento per il quale tra i criteri di ammissione non ci sarà solamente il risultato della maturità, bensì anche i migliori talenti provenienti dalle famiglie meno abbienti che hanno dei voti – magari – più bassi dei ricchi.

L’iniziativa sembra essere un buon metodo per poter abbattere – o per lo meno limitare – i privilegi dei figli delle famiglie più ricche, allargando la platea dei nuovi “ingressi” anche a coloro che magari provengono da famiglie un po’ meno note e con grandi patrimoni ma, di contro, comunque in grado di permettere ai migliori giovani talenti di poter aspirare a una laurea e a una più generale prospettiva di riscatto sociale.

Per raggiungere queste finalità l’Università di Bristol ha pertanto scelto di prevedere degli sconti e delle borse di studio per tutti coloro che dimostreranno di avere del talento ma, di contro, non abbastanza soldi per poter portare avanti un percorso di studio il cui costo può arrivare a sfiorare le 10 mila sterline l’anno. Di contro – ed è questa una vera e propria svolta, considerando che l’iniziativa di cui sopra non è certo un’esclusiva dell’istituto di Bristol – le porte dell’Università verranno aperte anche a quei ragazzi che non hanno raggiunto il livello massimo agli esami finali, come invece viene generalmente richiesto.

Insomma, la convinzione del consiglio di amministrazione dell’istituto è che spesso ragazzi pur abili e molto promettenti falliscano l’obiettivo di un voto alto poiché non hanno i giusti supporti o non hanno abbastanza tempo per prepararsi, considerate le loro condizioni non così vantaggiose come quelle dei colleghi ricchi. Non solo: a identificare i giovani che hanno potenziale da esprimere saranno i presidi delle scuole locali, che dovranno indicare cinque ragazzi per istituto, che provengono da un ambiente difficile, e che non hanno strumenti economici adeguati e non hanno ottenuto il massimo dei voti. Una valutazione che ha fatto storcere il naso ai più conservatori, considerato che normalmente la valutazione viene effettuata con fattori e percentuali e non, come in questa ipotesi, con una valutazione soggettiva – pur basata su dati dimostrabili – da parte di presidi e insegnanti.

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