Università, pugno duro sui fuori corso

book-15584_960_720I fuori corso? Pesano sulle casse universitarie molto più di quanto possiate pensare: i fuori corso (cioè, gli studenti che sono in ritardo sulla propria tabella di marcia) non vengono infatti conteggiati nella distribuzione dei fondi da parte del Ministero dell’istruzione, università e ricerca. Ed ecco svelato il motivo (non l’unico, ma certamente uno dei più importanti) per cui sempre più atenei stiano adottando delle forme di regolamentazione utili per poter mettere alla porta gli “sgraditi” fuori corso dopo un certo numero di anni, anche attraverso la non sottovalutabile leva delle tasse.

Il fenomeno, d’altronde, in alcune università ha caratteristiche quasi dilaganti. Considerati fuori corso coloro che sono “out” con il piano di studi dal secondo anno, le ultime statistiche riferiscono di quote addirittura pari al 41,4 per cento a Cagliari, a 35,6 per cento alla Federico II di Napoli, e comunque sopra il 30 per cento a Palermo, Bari, L’Aquila, Pisa, Politecnico di Torino. Va un pò meglio nel milanese, considerando che la Statale ha una quota del 20,92 per cento, contro il 19,1 per cento della Bicocca, e il 23 per cento del Politecnico.

Tornando alle iniziative da parte delle singole università, a marzo 2017 dovrebbe accodarsi agli atenei che hanno in mente di “penalizzare” i fuori corso anche quello di Bologna. Dal prossimo anno dovrebbero infatti finire fuori tutti quelli che non finisco gli studi entro il termine del quarto anno di iscrizione fuori corso nel caso di lauree triennali o magistrali, o entro il doppio del tempo necessario in caso di lauree a ciclo unico. A parte, però, il rischio che la raccolta di firme lanciata dagli stessi studenti non determini un ripensamento da parte dell’ateneo.

Insomma, tempi duri, molto duri, per i ritardatari. Ma siamo sicuri che una simile penalizzazioni porterà maggiore consapevolezza e impegno da parte degli studenti? Non è che le cause di così tanti fuori corso vadano ricercate anche altrove?

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