Università, è giusto rifiutare il voto d’esame?

Laurearsi con 110 e lode è un obiettivo che tutti gli studenti universitari puntano all’inizio della propria carriera. Purtroppo, per raggiungere tale target bisogna “avanzare” a colpi di 30 (o quasi), e non sempre è facile costellare il proprio libretto accademico con una serie di successi di tale entità. Tant’è che, per evitare di inficiare la media, molti studenti scelgono di rifiutare un voto che non è sufficientemente soddisfacente, ripetendo pertanto l’esame. Si tratta di un evidente “diritto” dello studente, ma che sembra non piacere a un docente di Ingegneria dell’Università di Padova, che recentemente ha ipotizzato di vietare la possibilità di rinunciare al voto e ripetere l’esame.

Il professor Massimiliano Barolo, docente di Ingegneria chimica e presidente della scuola di Ingegneria di Padova, ritiene infatti che l’esame debba essere affrontato in maniera univoca dallo studente, e unico dovrebbe essere il voto ottenuto nella sessione. Pertanto, che piaccia o non piaccia, l’esame deve essere sostenuto solo quando si è effettivamente pronti, e il voto deve essere accettato “per forza”.

Per il professore, infatti, rifiutare il voto all’esame e ripetere la sessione sarebbe solamente una perdita di tempo, per giunta abbastanza diseducativa. Per il professore presentarsi all’appello successivo non servirebbe affatto a migliorare la preparazione dello studente, quanto ad allungare la permanenza dello stesso all’interno dell’istituto universitario, contrariamente a quella che dovrebbe essere l’ispirazione da parte dei vertici dell’ente (considerando altresì che i fuori corso non fanno certo piacere a quelle Università che non dovrebbero sforare il loro tetto numerico).

Il Corriere della Sera ha poi preso a piene mani lo spunto del professore di Padova ed ha interpellato in merito Paolo Iacci, esperto di risorse umane e presidente dell’AIDP, che conferma come in un curriculum vitae pesi di più la velocità di conclusione del corso di studi, piuttosto che il voto finale. Una realtà assodata e ben nota a tutti i gestori delle risorse umane, ma ancora troppo ignorata dagli studenti, valutato che l’Italia ha il minor numero di laureati alla triennale nei 34 Paesi maggiormente industrializzati. Alma Laura, per voce del presidente Ivano Dionigi, la pensa allo stesso modo: il voto non è più un elemento importante, salvo per i concorsi pubblici. Prevale invece la presenza di esperienze all’estero, la velocità negli studi, la lingua, l’aver lavorato mentre si studiava e si conseguiva la tanto sudata laurea.

E voi che ne pensate? Avete mai rifiutato un brutto voto?

Effettivamente, da quel che emerge da recenti studi, la media dei voti assunti all’Università sta avendo sempre meno peso nella lettura dei curriculum da parte dei selezionatori delle risorse umane, che invece stanno assumendo sempre più in valutazione la possibilità che lo studente si sia laureato mentre lavorava o che nel frattempo abbia fatto delle altre esperienze, extra universitarie, che hanno arricchito il proprio curriculum.

Insomma, il mito della lode sta forse scemando. O, forse, è meglio dire che i criteri di selezione delle risorse umane stanno cambiando, in un mercato del lavoro oramai sempre più improntato al dinamismo e alla necessità di essere reattivi e proattivi…

 

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  1. Grazia | Rispondi

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