Università italiana, un ricercatore su due non è soddisfatto

Sono ricchi di spunti i dati emersi agli Stati generali del settore, dove alla presenza del primo ministro Gentiloni e del ministro dell’istruzione Fedeli, è stato evidenziato come sebbene l’Italia sia all’ottavo posto al mondo per numero di pubblicazioni, gli atenei siano quotidianamente alle prese con problemi quali le mancanze dei fondi, i concorsi poco trasparenti, le iscrizioni in calo, e tanto altro ancora.

Preoccupa inoltre la situazione dei ricercatori. Il ministro Fedeli rammenta in tal proposito che rispetto agli altri Paesi d’Europa, in Italia “i ricercatori che operano nel settore pubblico e in quello privato sono pochi”: in particolare, quelli a tempo pieno nel settore pubblico sono solamente 120.700, ovvero un sesto di quanto invece avviene con i ricercatori giapponesi (662.000) e, senza andare in Oriente, un terzo dei tedeschi (358.000) e meno della metà dei francesi (268.000) e degli inglesi (290.000), oltre che meno degli spagnoli (più vicini, a 122.000).

In termini relativi, emerge che nel nostro Paese ci sono 4,9 ricercatori ogni mille occupati, contro la situazione della Finlandia e della Danimarca, dove ci sono 15 ricercatori ogni mille occupati.

In tale ambito, l’Italia ha fissato il proprio target d’investimento nella ricerca all’1,53 per cento del Pil per il 2020: nel 2015 eravamo all’1,27 per cento per salire nel 2016 all’1,33 per cento, sempre sotto la media Ue.

Eppure, i ricercatori italiani, pur non troppo numerosi e non troppo ben trattati, sono una forza invidiabile: lo stesso ministro Fedeli ha infatti ricordato come gli stessi, pur essendo il 6,8 per cento del totale Ue, riescano a trainare l’8,1 per cento del finanziamento su “Horizon 2020”, con una produttività ben più alta dei colleghi, e ad esempio doppia rispetto ai francesi.

Se però si guarda alla loro soddisfazione, intuibilmente iniziano i guai. Di fatti, mentre nel Regno Unito un ricercatore su 4 si dice non particolarmente soddisfatto del livello di apertura, di trasparenza e di merito del sistema, in Germania e in Francia questa proporzione scende a uno su tre, mentre in Italia si scende ancora di più, tanto che si dichiara insoddisfatto più di un ricercatore su due.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi